CASI STUDIO RECENTI

PIGNORAMENTO PRESSO TERZI EX ART. 72-BIS NULLO. IL TRIBUNALE ACCOGLIE L'OPPOSIZIONE ED ANNULLA IL PIGNORAMENTO DI AGENZIA ENTRATE RISCOSSIONE, CONDANNANDOLA.
(a cura dell'Avvocato Salvatore Ponzo)
27 Luglio 2025
Il Tribunale di Lecce, Sezione Commerciale, ha accolto l'opposizione proposta da una società salentina – assistita dallo Studio Legale Ponzo – contro un atto di pignoramento presso terzi promosso da Agenzia delle Entrate-Riscossione, annullandolo.
Il caso: pignoramento "anomalo" per spese legali
La vicenda nasce da un pignoramento presso terzi, ex art. 72-bis DPR 602/73, con cui l'Agenzia delle Entrate-Riscossione aveva intimato il pagamento di oltre 200.000 euro sulla base di una pluralità di cartelle esattoriali e avvisi di addebito. L'anomalia? L'Agente della Riscossione individuava sé stesso come "terzo pignorato", sostenendo di essere debitore della società opponente per una somma relativa a spese legali liquidate in una precedente sentenza della Corte di Giustizia Tributaria.
La società, rappresentata dal proprio legale, ha evidenziato l'errore di fondo: la sentenza tributaria in questione aveva espressamente attribuito il credito per spese legali al difensore, quale "procuratore antistatario", e non alla parte assistita. Di conseguenza, la società non era mai divenuta titolare di alcun credito verso Agenzia Entrate-Riscossione.
Il principio: il credito per spese di lite "antistatario" spetta solo al difensore
Il Tribunale di Lecce, richiamando la giurisprudenza di legittimità (Cass. Civ. Sez. VI n. 5348/2018), ha ricordato che in caso di dichiarazione di antistatarietà, il credito per spese processuali non spetta alla parte, ma direttamente al difensore, come correttamente evidenziato dall'avv. Ponzo nel corso del giudizio. Solo questi è legittimato ad agire per il pagamento nei confronti del soccombente.
In questo caso, l'Agenzia delle Entrate-Riscossione non poteva quindi promuovere alcuna esecuzione forzata nei confronti della parte assistita, difettando il presupposto stesso di un credito esigibile.
L'avvocato chiedeva quindi dichiararsi la nullità del pignoramento.
L'annullamento e le spese
Il Tribunale ha quindi dichiarato la nullità dell'atto di pignoramento presso terzi, condannando Agenzia Entrate-Riscossione al pagamento delle spese di lite in favore, anche questa volta, del procuratore difensore, avvocato antistatario.
Di seguito la decisione
Avv. Salvatore Ponzo


COME RIDURRE I COSTI INPS TAGLIANDO I CONTRIBUTI NON DOVUTI: CASO REALE RISOLTO
(a cura dell'Avvocato Salvatore Ponzo)
In molti casi, i contribuenti si trovano a dover sostenere costi previdenziali doppi e ingiustificati, in conseguenza di iscrizioni INPS effettuate in via automatica, senza un reale riscontro dell'attività concretamente svolta.
Uno dei casi più frequenti è quello della doppia iscrizione alla Gestione Separata e alla Gestione Commercianti, che comporta un aggravio contributivo significativo. Tuttavia, secondo il dettato normativo e la giurisprudenza di merito e di legittimità, tale imposizione non è sempre legittima.
Quando l'obbligo non sussiste: tra formalità e realtà lavorativa
L'obbligo di iscrizione alla Gestione Commercianti non può fondarsi sulla sola qualifica formale di socio o amministratore. È invece necessaria la presenza di una serie di circostanze che giustifichino l'obbligo. L'INPS, al contrario, spesso, presume l'esistenza dell'obbligo in forza della sola titolarità di quote sociali o cariche, in palese contrasto con la ratio dell'art. 1, commi 202, 203 e 208 della L. 662/1996.
Il caso concreto: oltre 13.000 euro annullati per contributi INPS non dovuti
Nel 2017, un mio assistito – socio accomandante di una S.a.s. immobiliare – riceveva un avviso di addebito per oltre 13.000 euro a titolo di contributi INPS per la Gestione Commercianti.
Tuttavia, egli non aveva mai svolto alcuna attività commerciale, avendo partecipato alla società solo mediante conferimento di capitale, come previsto per i soci accomandanti.
L'INPS aveva iscritto il contribuente d'ufficio, senza alcun accertamento, e fondando la pretesa esclusivamente sulla qualifica sociale.
Abbiamo promosso ricorso presso il Tribunale del Lavoro di Lecce.
Con sentenza pubblicata nel 2021, il giudice ha annullato l'avviso di addebito, affermando che:
"L'obbligo di iscrizione alla Gestione Commercianti sorge solo in presenza di un'attività effettiva, abituale e prevalente. Non può essere imposta in automatico sulla base della mera qualifica di socio."
Risultato concreto: il nostro cliente ha ottenuto la cancellazione integrale del debito previdenziale e il risparmio di oltre 13.000 euro.
Come può intervenire lo studio per offrire la propria consulenza in materia
Lo Studio Legale dell'Avv. Salvatore Ponzo può intervenire mediante il seguente modus operandi:
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analizziamo la posizione INPS per verificare se le iscrizioni sono legittime;
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contestiamo avvisi di addebito e cartelle INPS presso il Tribunale competente o mediante altre modalità più veloci;
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chiediamo limmediata sospensione e, poi, l'annullamento del debito illegittimo;
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promuoviamo azioni di rimborso, ove siano già stati effettuati versamenti indebiti.
A chi è utile tale attività legale?
Ecco un elenco dei soggetti potenzialmente interessati a contestare la doppia iscrizione INPS o a ridurre i costi previdenziali:
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Soci accomandanti di S.a.s.
che non partecipano all'attività lavorativa della società. -
Soci di S.r.l. che non lavorano in azienda
ma figurano solo in visura camerale o ricevono dividendi. -
Amministratori di società che non svolgono attività operativa
ma limitano la loro funzione alla rappresentanza legale. -
Soci che ricevono un compenso da amministratore, ma non lavorano operativamente
e risultano già iscritti alla Gestione Separata. -
Soci con attività professionale prevalente esterna alla società
(es. liberi professionisti, dipendenti o imprenditori in altra azienda). -
Titolari di quote che operano in settori esclusi dalla Gestione Commercianti
come società passive, immobiliari o finanziarie.
Studio Legale Avv. Salvatore Ponzo – Lecce
Tuteliamo il merito. Correggiamo gli eccessi del sistema contributivo. Otteniamo risultati concreti.
contatti : mail: avv.ponzo@gmail.com - tel.3477020608

COME CONTESTARE UN INTIMAZIONE DI PAGAMENTO DAVANTI AL GIUDICE TRIBUTARIO ED ANNULLARE SANZIONI ED INTERESSI. CASO REALE ANNO 2025
(a cura dell'Avvocato Salvatore Ponzo)
Nel processo tributario, la difesa efficace richiede oggi una rigorosa applicazione delle norme e tecniche difensive puntuali, rafforzate dalle riforme (Legge 130/2022, D.Lgs. 220/2023).
Ne è esempio la sentenza n. 44/2025 della Corte di Giustizia Tributaria di Lecce, relativa a un ricorso contro un'intimazione di pagamento esattoriale notificata nel novembre 2024. L'Agenzia delle Entrate-Riscossione sosteneva che il contribuente non avesse mai impugnato le precedenti cartelle, ma la strategia difensiva si è concentrata sull'analisi dettagliata delle singole partite, distinguendo tra tributo principale e accessori, esaminando la prescrizione e la validità delle notifiche.
La Corte ha accolto varie eccezioni, riconoscendo la prescrizione parziale delle componenti accessorie, con riduzioni significative degli importi dovuti (es. un accertamento ridotto da oltre € 22.000,00 a € 7.000,00).
Decisiva è risultata la verifica della mancanza di atti interruttivi della prescrizione e l'impostazione difensiva sulle singole poste.
RISULTATO FINALE? Annullaento delle sanzioni e degli interessi
Questo caso conferma che in ambito tributario una difesa generica è spesso inefficace, mentre un'analisi puntuale degli atti, la conoscenza delle regole processuali e l'utilizzo delle eccezioni processuali consentono di ottenere comunque risultati concreti anche quando la pretesa creditoria sembra essere inattaccabile
I Giudici della Corte Tributaria, hanno correttamente risciuto la legittimità di molte deduzioni.
In sintesi, sanzioni ed interessi si possono annullare per intero, anche dopo la notifica della cartella di pagamento.
Avv. Salvatore Ponzo
Studio Legale Ponzo
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PEC, notifiche e responsabilità: come gestire al meglio il rapporto tra commercialista e cliente
In un contesto in cui l'interazione tra cittadino e Pubblica Amministrazione è ormai quasi interamente digitale, la PEC – posta elettronica certificata – non è soltanto uno strumento di comunicazione, ma un vero e proprio presidio giuridico. Ricevere un atto tramite PEC equivale, sotto il profilo legale, alla ricezione di una raccomandata con ricevuta di ritorno: produce effetti immediati, fa decorrere termini perentori, può incidere su diritti sostanziali. E tuttavia, nonostante questa evidenza normativa, molte imprese e molti contribuenti continuano a sottovalutare il valore della propria casella PEC, delegandone la gestione a terzi – spesso al commercialista – senza alcuna regolamentazione formalem o peggio ancora, illudendosi che avendo delegato il commercialista alla registrazione della casella p.e.c., poi lo stesso professionista sia in automatico delegato e responsabile del controllo nella stessa e degli atti notificati.
È proprio su questo punto che si concentra oggi un crescente contenzioso, al centro del quale si colloca la domanda cruciale: chi è responsabile se un atto importante, regolarmente notificato via PEC, non viene letto o viene perso? La notifica via PEC è valida anche se il messaggio non viene letto. Questo è pacifico.
La giurisprudenza ha fornito su questo tema risposte sempre più nette e uniformi. è ormai principio consolidato che la notifica via PEC si perfeziona nel momento in cui il gestore del servizio genera la ricevuta di avvenuta consegna (RAC). Da quel momento iniziano a decorrere i termini per eventuali impugnative o adempimenti, a prescindere dal fatto che il destinatario legga il messaggio o ne prenda effettiva conoscenza.
Secondo la Cassazione, sentenza n. 3164 dell'11 febbraio 2020, "la notifica si intende perfezionata nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento nella casella PEC del destinatario", specificando che anche la mancata lettura, così come l'impossibilità di ricezione per casella piena, sono circostanze imputabili al destinatario stesso. La medesima posizione è stata ribadita da diverse pronunce, sia della Corte di Cassazione che delle Corti di Giustizia Tributaria di merito, come ad esempio la CGT Emilia-Romagna, sentenza n. 778/2024, che ha equiparato la PEC alla raccomandata A/R quanto a certezza di data e integrità del contenuto.
Casella piena? Responsabilità del destinatario?Intervendo delle Sezioni Unite della Cassazione
Una delle casistiche più frequenti – e sottovalutate – è quella in cui la casella PEC risulti satura. In questi casi, il sistema non riesce a depositare il messaggio, che viene rifiutato con esito negativo. Ma anche in questa ipotesi la giurisprudenza tende ad attribuire la responsabilità al destinatario.
Come affermato nella sentenza n. 28864/2018 e ribadito nelle successive n. 13532/2019 e n. 3164/2020, l'evento "casella piena" è considerato un comportamento negligente del titolare della PEC, che ha l'onere di garantire il corretto funzionamento del servizio, dotandosi eventualmente di sistemi di notifica automatica e controllo periodico.
Tuttavia, un orientamento più prudente, espresso ad esempio dalla Cassazione con l'ordinanza n. 40758/2021 e confermato dalla n. 16125/2023, ritiene che, qualora il destinatario abbia anche eletto un domicilio fisico, il notificante debba rinnovare la notifica presso quel domicilio, purché ciò avvenga entro un termine ragionevole. Ciò non toglie, tuttavia, che la saturazione della casella resti un fatto imputabile al destinatario, che non può invocare l'impedimento per ottenere rimessioni in termini.
Fino al 2024, la giurisprudenza prevalente riteneva comunque valida la notifica, imputando la responsabilità al destinatario. Oggi, però, le Sezioni Unite della Cassazione (sent. 28452/2024) hanno chiarito definitivamente la questione. Secondo questo importante arresto, in assenza della ricevuta di avvenuta consegna (RdAC), la notifica via PEC non può considerarsi perfezionata, anche se la mancata consegna è dipesa dal destinatario. Ciò significa che, in presenza di una casella piena, il notificante deve tempestivamente riattivare la notifica con modalità alternative (es. notificazione fisica), altrimenti rischia la decadenza.
Il commercialista che gestisce la PEC del cliente: tra consuetudine e rischio giuridico
In molti casi, soprattutto tra piccole imprese, professionisti e lavoratori autonomi, il commercialista rappresenta non solo il consulente fiscale, ma anche un punto di riferimento operativo per tutti gli adempimenti digitali. Accade così che sia il professionista ad attivare per conto del cliente la PEC, a leggerla periodicamente e, di fatto, a gestirla integralmente.
Ma è una prassi che presenta rischi evidenti, soprattutto se non viene formalizzata per iscritto. L'indirizzo PEC, infatti, è un domicilio digitale personale: le notifiche che vi arrivano sono legalmente efficaci nei confronti del titolare, indipendentemente da chi materialmente accede alla casella. Se il cliente omette di leggere una notifica rilevante, oppure se il commercialista la legge ma non la trasmette o la sottovaluta, la responsabilità può diventare una questione molto delicata.
E qui interviene il diritto dei contratti: se non esiste un mandato scritto che affidi al professionista la gestione della PEC, la responsabilità rimane in capo al cliente. Diversamente, se è stato conferito un incarico formale, si attiva la responsabilità del professionista per eventuali omissioni o ritardi, da valutare alla luce della diligenza qualificata ex art. 1176, co. 2, c.c. e della responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c.
A conferma di ciò, la Cassazione, con ordinanza n. 26810/2022, ha ribadito che il professionista che assume la gestione della PEC ha l'obbligo di garantirne il corretto funzionamento, di controllarla con regolarità e di dotarsi di sistemi di allerta, pena l'addebito di responsabilità in caso di danni.
Come evitare contenziosi: buone prassi per clienti e professionisti
Per prevenire conseguenze gravose, è indispensabile regolare formalmente la gestione della PEC. Alcune semplici, ma fondamentali, accortezze possono fare la differenza:
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Il cliente deve essere intestatario della propria PEC: anche se assistito dal commercialista, è essenziale che il domicilio digitale sia personale.
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Se il commercialista assume la gestione della PEC, ciò deve avvenire solo in forza di un incarico scritto, chiaro e dettagliato, che disciplini la frequenza dei controlli, le modalità di inoltro delle comunicazioni rilevanti, l'eventuale responsabilità in caso di omissioni e il compenso per il servizio.
E' necessario far sottoscrivere al cliente l'autorizzazione al trattamento dati, ai fini del rispetto della privacy;
E' consigliabile specificare esattamente quale tipologia di messaggi debbano essere analizzati dal professionista (fiscali, commerciali, legali, ecc) e quel sarà la successiva modalità per avvertire il cliente per tempo e decidere sul da farsi: SMS, email, Messaggi Whatsapp, ecc?
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Lo studio professionale deve dotarsi di strumenti adeguati: software di gestione multi-PEC, archiviazione automatica delle ricevute di consegna (RAC), notifiche automatiche, log degli accessi e sistemi di backup.
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È opportuno prevedere una copertura assicurativa professionale che includa anche il servizio di gestione PEC, per cautelarsi da eventuali contestazioni.
In molte sentenze recenti, come quella della CGT Toscana n. 1177/2023, si è chiarito che, anche quando la PEC è gestita da un consulente esterno, l'obbligo di vigilanza ricade comunque sulla società titolare del domicilio digitale. È dunque indispensabile che il cliente sappia cosa sta delegando e a chi.
Conclusioni
La PEC non è uno strumento neutro, né un dettaglio tecnico da lasciare alla buona volontà di un collaboratore. È, a tutti gli effetti, il domicilio digitale del contribuente, il punto di contatto attraverso cui lo Stato comunica con il cittadino, l'impresa o il professionista. Se gestita male, può trasformarsi in una fonte di problemi, sanzioni, decadenze e contenziosi. Se invece viene gestita correttamente, con chiarezza di ruoli, strumenti adeguati e contrattualizzazione puntuale, può offrire un importante vantaggio in termini di efficienza, tempestività e sicurezza. In uno studio moderno, la gestione della PEC del cliente non può essere improvvisata. È un compito che richiede metodo, tecnologia, responsabilità. E soprattutto, un incarico scritto che ne disciplini ogni aspetto.
Excursus giurisprudenziale – Validità delle notifiche PEC e responsabilità del destinatario
Nel corso degli ultimi anni, la giurisprudenza – tanto di legittimità quanto tributaria – ha contribuito in maniera determinante a definire i contorni della responsabilità legata alla gestione della Posta Elettronica Certificata (PEC), soprattutto in relazione alla ricezione di atti giuridicamente rilevanti. Di seguito, un breve excursus delle principali decisioni.
Notifica via PEC: quando si perfeziona
Secondo la CGT Emilia-Romagna, sent. 12/09/2024 n. 778, la notifica effettuata via PEC si considera perfezionata al momento della ricevuta di avvenuta consegna (RAC), che fornisce certezza sia in ordine al contenuto trasmesso che al giorno e orario esatto della trasmissione. La Corte richiama a sua volta i consolidati orientamenti della Cassazione, secondo cui la mancata lettura del messaggio non incide sull'efficacia della notifica, restando evento imputabile al destinatario.
Casella piena: profili di responsabilità
Con l'ordinanza Cass. 24/01/2023 n. 2193, la Corte definisce il messaggio "casella piena" come effetto diretto di una negligenza del destinatario, il quale ha il dovere di controllare periodicamente la disponibilità della propria casella PEC. Tale orientamento era già stato tracciato dalla Cassazione con le sentenze n. 13532/2019 e n. 3164/2020, dove si evidenzia che lasciare saturare la casella equivale a un rifiuto implicito della notifica, senza che ciò costituisca un impedimento legittimo a riceverla.Recentemente le Sezioni Unite della Cassazione (sent. 28452/2024) hanno chiarito definitivamente la questione. Secondo questo importante arresto, in assenza della ricevuta di avvenuta consegna (RdAC), la notifica via PEC non può considerarsi perfezionata, anche se la mancata consegna è dipesa dal destinatario.
Domicilio fisico e rinnovazione della notifica
In ipotesi particolari, come evidenziato dalla Cass. 07/06/2023 n. 16125 e dalla Cass. 20/12/2021 n. 40758, il notificante è tenuto a riprendere la procedura notificatoria presso il domicilio fisico eletto qualora la notifica PEC non sia andata a buon fine per casella piena. Tuttavia, anche in tale eventualità, la responsabilità tecnica per la mancata ricezione resta imputabile al destinatario, con conseguente necessità di vigilanza e monitoraggio costante della PEC.
Il professionista e l'obbligo di diligenza qualificata
La Cass. 12/09/2022 n. 26810 rappresenta un passaggio chiave per la responsabilità professionale: la Corte afferma che il professionista è responsabile della gestione della propria casella PEC, ed è tenuto a dotarsi di strumenti idonei a garantirne il funzionamento regolare (come sistemi di allerta automatica e verifica programmata). In caso di incarico scritto per la gestione della PEC di un cliente, tale obbligo di diligenza si estende anche alla casella altrui, e un'eventuale omissione può integrare responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c.
Lecce 02/08/2025
Avv. Salvatore Ponzo - Tributarista
FAC SIMILE ACCORDO GESTIONE PEC
Questo contratto consente al cliente di delegare la gestione della propria casella PEC al commercialista o a un professionista di fiducia, in modo sicuro, tracciabile e conforme alla normativa vigente. L'accordo definisce in modo chiaro le modalità operative di accesso alla PEC, la frequenza dei controlli, la tipologia di messaggi PEC autorizzati alla lettura e le responsabilità in caso di notifiche importanti, come cartelle esattoriali, atti giudiziari o avvisi fiscali. Viene regolato anche il trattamento dei dati personali ai sensi del GDPR, con attenzione alla riservatezza e tutela del domicilio digitale del cliente. Ideale per chi cerca uno strumento professionale per la gestione della PEC con delega formale e tutela legale completa.
E' un contratto fac simile incompleto da implementare e personalizzare.
CONTRATTO DI AFFIDAMENTO E GESTIONE DELLA CASELLA PEC
Tra
Il Sig./La Sig.ra [NOME E COGNOME], nato/a a [LUOGO] il [DATA], C.F. [CODICE FISCALE], con studio in [INDIRIZZO], in qualità di commercialista/professionista (di seguito, "Professionista")
e
Il Sig./La Sig.ra/Società [NOME CLIENTE], nato/a a [LUOGO] il [DATA] / con sede legale in [INDIRIZZO], C.F./P.IVA [CODICE FISCALE/P.IVA] (di seguito, "Cliente")
Premesso che:
-
Il Cliente è titolare della casella PEC [INDIRIZZO PEC];
-
Il Cliente intende affidarne la gestione al Professionista per esigenze contabili, fiscali, amministrative e/o legali;
-
Il Professionista dichiara di disporre delle competenze tecniche e organizzative necessarie;
Si conviene quanto segue:
Art. 1 – Oggetto dell'incarico
1.1 Il Cliente affida al Professionista, che accetta, la gestione operativa della casella PEC [INDIRIZZO PEC], secondo le modalità indicate nel presente contratto e negli allegati tecnici.
Art. 2 – Obblighi del Professionista
2.1 Il Professionista si impegna a:
-
accedere con regolarità alla casella PEC del Cliente con la frequenza minima di [X] controlli a settimana;
-
monitorare e classificare i messaggi in arrivo secondo le modalità che riterrà maggiormente opportune;
-
inoltrare senza ritardo al Cliente le comunicazioni rilevanti, secondo i criteri concordati;
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segnalare tempestivamente anomalie tecniche (es. casella piena, mancata ricezione, errori di recapito);
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mantenere la massima riservatezza sui contenuti trattati.
2.2 Salvo diversa autorizzazione scritta, il Professionista non è tenuto a rispondere o interagire con i mittenti, limitandosi al monitoraggio, lettura ed eventuale inoltro.
Art. 3 – Obblighi del Cliente
3.1 Il Cliente si impegna a:
-
fornire le credenziali di accesso alla casella PEC;
-
comunicare tempestivamente ogni variazione o modifica relativa all'account;
-
non cambiare le credenziali senza previa notifica al Professionista;
-
collaborare per l'aggiornamento e l'archiviazione delle comunicazioni.
Art. 4 – Responsabilità
4.1 Il Professionista risponde solo per danni derivanti da dolo o colpa grave.
4.2 Il Cliente è responsabile della correttezza delle credenziali e della legittimità delle comunicazioni ricevute.
4.3 Il Professionista non risponde di disservizi riconducibili ai fornitori del servizio PEC.
Art. 5 – Trattamento dei dati personali e ambito autorizzativo
5.1 Il Cliente, in qualità di Titolare del Trattamento, autorizza il Professionista quale soggetto incaricato ex art. 29 GDPR (o ex art. 2-quaterdecies D.Lgs. 196/2003) al solo fine della consultazione, selezione e inoltro delle comunicazioni PEC, esclusivamente per le finalità connesse all'incarico professionale conferito.
5.2 Il Professionista si impegna a:
-
trattare i dati personali presenti nelle comunicazioni PEC nel rispetto delle istruzioni ricevute;
-
non accedere, leggere o trattare comunicazioni che esulino dall'ambito fiscale, tributario, contabile o legale (salvo autorizzazione scritta);
-
non effettuare backup, trasferimenti o archiviazione esterna dei dati senza espresso consenso.
5.3 In caso di nomina formale del Professionista quale Responsabile del Trattamento ai sensi dell'art. 28 GDPR, le Parti formalizzeranno separato accordo scritto.
Art. 6 – Modalità operative
6.1 L'accesso alla PEC avviene tramite credenziali fornite dal Cliente.
6.2 Il Professionista inoltrerà entro [X] ore le comunicazioni ritenute rilevanti, secondo le categorie stabilite in Allegato B (es. Agenzia delle Entrate, INPS, INAIL, Equitalia/AER, Uffici Giudiziari, fornitori accreditati).L'inoltro avverrà mediante le seguenti modalità:_______________________
6.3 In caso di messaggi urgenti, la segnalazione avverrà tramite [telefono/email].
Art. 7 – Frequenza dei controlli
7.1 Il Professionista controllerà la casella PEC con frequenza minima di [X] accessi settimanali, e comunque con tempestività in prossimità di scadenze fiscali o procedurali rilevanti.
Art. 8 – Compenso
8.1 Il compenso per il servizio è stabilito in € [IMPORTO] + IVA annui/mensili.
8.2 Il pagamento avverrà con le modalità e tempistiche concordate. In caso di ritardo si applicheranno gli interessi legali o commerciali.
Art. 9 – Durata e recesso
9.1 Il presente contratto ha durata di [X] mesi/anni.
9.2 Ciascuna Parte può recedere con preavviso scritto di almeno [X] giorni.
9.3 Il compenso sarà dovuto pro-quota fino alla data di efficacia del recesso.
Art. 10 – Copertura assicurativa
10.1 Il Professionista dichiara di essere coperto da assicurazione RC professionale con massimale pari a € [IMPORTO], comprensiva dell'attività di gestione PEC.
Art. 11 – Gestione anomalie e casella piena
11.1 Il Professionista si impegna a monitorare lo spazio disponibile e a segnalare immediatamente eventuali anomalie o saturazioni.
11.2 Il Cliente si impegna a collaborare per liberare la casella e mantenere la funzionalità continua del domicilio digitale.
Art. 12 – Foro competente
12.1 In caso di controversie, sarà competente in via esclusiva il Foro di [CITTÀ].
Art. 13 – Legge applicabile
13.1 Il contratto è regolato dalla legge italiana.
Art. 14 – Firma digitale
14.1 Il contratto potrà essere sottoscritto anche con firma digitale ex D.Lgs. 82/2005.
Art. 15 – Allegati
15.1 Costituiscono parte integrante:
-
Allegato A: Elenco delle caselle PEC gestite;
-
Allegato B: Tipologia di messaggi rientranti nell'ambito dell'incarico (es. notifiche da enti pubblici, comunicazioni fiscali, atti giudiziari, documenti da studi professionali terzi).
Luogo e data: ___________________
Il Professionista
[Firma]
Il Cliente
[Firma]
Se sei un commercialista e gestisci la PEC dei tuoi clienti, è fondamentale tutelarti con un contratto ben strutturato. Posso aiutarti a redigere un documento personalizzato, chiaro e conforme al GDPR, che definisca obblighi, responsabilità e limiti operativi. Contattami per una consulenza e una versione definitiva su misura.
Avvocato Salvatore Ponzo

Fiscalità degli influencer in Italia: inquadramento, imposte, IVA, previdenza e regimi agevolati
Fiscalità degli influencer in Italia nel 2025: inquadramento professionale, tassazione, IVA, contributi previdenziali e regimi agevolati per creator digitali.
A cura dell'avvocato Salvatore Ponzo
Perché quest' articolo
Gli influencer – creator, testimonial, streamer, youtuber, tiktoker – non hanno (ancora) una disciplina "ad hoc", ma ricadono nelle regole generali su lavoro autonomo, IVA, previdenza e regimi agevolati.
Qui trovi un quadro operativo aggiornato e verificato, con riferimenti normativi/prassi e note pratiche per evitare gli errori più comuni.
1) Qualificazione dei redditi: lavoro autonomo (art. 53 TUIR) e diritti d'immagine
In via generale, i compensi da post, video, stories, eventi, sponsorizzazioni, affiliazioni, shooting e cessione/licenza dei diritti d'immagine sono redditi di lavoro autonomo quando l'attività è abituale e professionale (art. 53, co. 1, TUIR). Per i diritti d'immagine, l'art. 54, co. 1-quater TUIR e la prassi AdE qualificano i relativi proventi tra i redditi di lavoro autonomo quando connessi all'attività professionale (non "una tantum"). Si veda, tra l'altro, la risposta AdE n. 700/2021 (photo shooting e testimonials, anche non residenti) e la risposta n. 139/2021. Agenzia delle Entrate.
Dove si tassano? Se l'influencer è fiscalmente residente in Italia e presta la sua attività in Italia (anche se il committente è estero), i compensi sono imponibili in Italia. La stessa risposta n. 700/2021 conferma la tassazione in Italia dei compensi legati a prestazioni rese sul territorio nazionale. Agenzia delle Entrate.
2) IVA: regole di territorialità e gestione pratica
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Regola generale: per i servizi resi a soggetti passivi (B2B) si applica l'art. 7-ter DPR 633/1972: il servizio è territorialmente rilevante dove è stabilito il committente (reverse charge se estero); per i B2C il luogo è quello del prestatore (Italia, se il creator è qui).
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Forfettari: niente IVA in addebito, ma attenzione agli obblighi elettronici e alle comunicazioni per operazioni estere via SdI (codici TD17-TD19). La Circolare AdE 32/E/2023 sintetizza gli effetti IVA del forfetario.
3) Regime forfetario: requisiti, cause ostative e "tagliola" 100.000 €
Il regime forfetario (L. 190/2014) è il regime naturale per persone fisiche in impresa/arte/professione. Requisiti chiave:
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Ricavi/compensi dell'anno precedente ≤ 85.000 €;
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Spese per lavoro dipendente/collaboratori ≤ 20.000 € lordi;
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Stop immediato nell'anno se si superano i 100.000 € (si esce "in corsa" e scatta l'IVA dalla fattura che supera la soglia).
Novità 2025 – Causa ostativa "redditi di lavoro dipendente": la soglia è stata innalzata da 30.000 a 35.000 € (L. 207/2024, art. 7). Resta ferma la causa ostativa verso l'ex datore di lavoro (o soggetti riconducibili) se la nuova attività è svolta prevalentemente nei suoi confronti nei due periodi d'imposta precedenti.
Imposta: sostitutiva 15% (5% per i primi 5 anni se "start-up" in presenza dei requisiti).
IVA e ritenute: i forfettari non addebitano IVA e non subiscono ritenuta d'acconto (comma 67 L. 190/2014: inserire la dicitura in fattura). Dal 2024 e-fattura obbligatoria per tutti i forfettari (non più soglia 25.000 €).
Base ufficiale: Circolare AdE 32/E del 5.12.2023 (ingresso, permanenza, fuoriuscita; effetti IVA)
4) Regime ordinario (quando non si rientra nel forfetario)
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IRPEF a scaglioni sul reddito netto (principio di cassa per autonomi);
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IVA con regole ordinarie;
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Ritenuta d'acconto del 20% da committenti italiani sostituti d'imposta;
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Contabilità semplificata/ordinaria a seconda dei volumi.
5) IRAP: niente IRAP per persone fisiche dal 2022
Dal periodo d'imposta 2022 le persone fisiche esercenti attività d'impresa/arti/professioni sono escluse dall'IRAP (art. 1, c. 8, L. 234/2021). Le vecchie regole sull'"autonoma organizzazione" restano rilevanti solo per periodi antecedenti o per soggetti diversi (studi associati, società).
6) Previdenza: Gestione separata INPS e rivalsa 4%
Gli influencer senza Cassa professionale si iscrivono alla Gestione separata INPS. Per il 2025, l'aliquota per i liberi professionisti non assicurati altrove è 26,07%; 24% per pensionati/assicurati altrove (circ. INPS n. 27/2025, sintesi operativa). È possibile applicare in fattura la rivalsa INPS 4% (facoltativa) ex art. 1, c. 212, L. 662/1996.
7) Operazioni con l'estero: ritenute, convenzioni e prassi AdE
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Servizi resi in Italia a committenti esteri: imponibili in Italia ai fini delle imposte dirette; in IVA B2B estero, regola 7-ter (fuori campo in Italia e reverse charge nel Paese del cliente)
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Compensi a influencer non residenti per prestazioni svolte in Italia: imponibili in Italia; se il pagatore è estero senza stabile organizzazione in Italia, non effettua ritenuta italiana (il tema è trattato nella risposta AdE n. 700/2021). Verificare sempre l'eventuale Convenzione contro le doppie imposizioni.
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Neo-residenti (art. 24-bis TUIR): la flat tax da 100.000 € riguarda solo redditi esteri; i redditi prodotti in Italia (es. attività svolta in Italia) restano tassati in Italia.
8) Codice ATECO: arriva il 73.11.03 "Attività degli influencer"
Dal 2025 è stato introdotto dall'ISTAT il codice ATECO 73.11.03 – Attività degli influencer marketing (classe "Pubblicità"). In alternativa, in passato si usavano codici affini (es. 73.11.02). L'uso del codice dedicato migliora coerenza e lettura statistico-fiscale.
9) Fatturazione: indicazioni pratiche
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E-fattura sempre, dal 1.1.2024 anche per forfettari (salve eccezioni settoriali).
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Dicitura forfettari: "Operazione in regime forfetario ex L. 190/2014 – non soggetta a IVA e a ritenuta d'acconto (art. 1, c. 54-89 e c. 67)". Agenzia delle EntrateFisco e Tasse
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Rivalsa INPS 4% (facoltativa): evidenziarla in riga separata; la rivalsa concorre al reddito.
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Bollo: 2 € sulle fatture senza IVA ≥ 77,47 €, con assolvimento virtuale.
10) Errori frequenti (e come evitarli)
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E-fattura: credere che i forfettari siano ancora esonerati sotto i 25.000 € (non è più così dal 2024).
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IRAP: applicarla al professionista persona fisica dal 2022 in poi (oggi esclusa).
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Territorialità IVA: sbagliare tra B2B (luogo del committente) e B2C (luogo del prestatore).
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Ritenute sui forfettari: applicarle/soffrirle per errore (vietate se correttamente dichiarato in fattura).
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Codice ATECO: non aggiornare al nuovo 73.11.03 (utile per inquadramento coerente).
11) Checklist operativa "fast"
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Verifica requisiti forfetario (85.000 €; 20.000 € personale; 35.000 € lavoro dipendente 2025; cause ostative ex datore).
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Se forfetario: attiva e-fattura e usa la dicitura no ritenuta; valuta la rivalsa 4%.
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Estero B2B: emetti documento via SdI con codici corretti (TD17-19); IVA in reverse charge estero.
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Previdenza: iscrizione Gestione separata; calcola contributi con 26,07% (2025); valuta acconti.
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ATECO: aggiorna/attiva 73.11.03.
Conclusioni
Per gli influencer italiani il perimetro fiscale è chiaro: redditi di lavoro autonomo (inclusi i diritti d'immagine collegati all'attività), IVA secondo regole di territorialità (art. 7-ter), forfetario come regime naturale con soglie e cause ostative ben definite (uscita "in corsa" oltre i 100.000 €), niente IRAP per persone fisiche dal 2022, Gestione separata INPS con aliquote 2025 e rivalsa 4% facoltativa. L'aggiornamento ATECO 73.11.03 e l'obbligo generalizzato di e-fattura completano la cassetta degli attrezzi per operare in modo corretto e senza sorprese.
23 agosto 2025
Avv. Salvatore Ponzo

Pagare meno Tasse e spese: la guida alla rinuncia abdicativa dopo la storica sentenza di agosto 2025 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione
La sentenza n. 23093/2025 chiarisce definitivamente che rinunciare a un immobile, anche per motivi "egoistici", è un atto lecito e legittimo. Ecco come funziona la rinuncia abdicativa, quando conviene e quali vantaggi fiscali può comportare.
Lecce, 27 agosto 2025
a cura dell'Avv. Salvatore Ponzo
Un cambiamento epocale per la gestione del patrimonio immobiliare
La gestione di immobili che non producono reddito, ma generano solo costi, è un problema molto diffuso. Case fatiscenti, terreni improduttivi, fabbricati collabenti e, in generale, beni che richiedono manutenzione e comportano il pagamento di imposte come IMU, TASI e TARI, possono trasformarsi in un peso anziché in un vantaggio.
La recente pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, sentenza n. 23093 dell'11 agosto 2025, ha finalmente chiarito un aspetto che per anni è stato oggetto di dibattito tra dottrina e giurisprudenza: la rinuncia abdicativa alla proprietà immobiliare è pienamente legittima, anche quando mossa da motivazioni strettamente economiche, come liberarsi dal carico fiscale o dai costi di manutenzione.
La natura della rinuncia abdicativa
La rinuncia abdicativa è un atto unilaterale e non recettizio con cui il proprietario manifesta la volontà di dismettere la titolarità di un bene immobile. Non richiede l'accettazione di terzi: dal momento in cui viene trascritta nei registri immobiliari, il bene diventa vacante e viene acquisito ex lege dallo Stato a titolo originario, in applicazione dell'articolo 827 del codice civile.
La Corte ha evidenziato che questa rinuncia trova la propria causa giustificatrice "in sé stessa", come esercizio della facoltà di disporre del proprio bene riconosciuta dall'articolo 832 c.c.. In altre parole, la rinuncia è un atto che realizza un diritto fondamentale del proprietario: decidere liberamente di non essere più titolare di un immobile.
Il superamento del giudizio di meritevolezza
Uno degli aspetti più innovativi della sentenza è l'affermazione del principio secondo cui il giudice non può sindacare le ragioni della rinuncia. Non ha quindi alcuna rilevanza se la decisione sia animata da un cosiddetto "fine egoistico", come evitare il pagamento dell'IMU o di onerosi interventi di manutenzione.
La Corte ha sottolineato che l'articolo 42 della Costituzione, che richiama la funzione sociale della proprietà, non impone un "dovere di essere e restare proprietario" per motivi di interesse generale. Eventuali limitazioni al diritto di disporre possono essere stabilite soltanto dal legislatore, non dai tribunali.
Questo chiarimento rafforza enormemente la posizione del proprietario che voglia liberarsi di un immobile che rappresenta un costo, senza il timore di contestazioni di invalidità o nullità dell'atto.
Le implicazioni fiscali: un atto non neutro
Se sotto il profilo civilistico la rinuncia abdicativa è un atto pienamente lecito, sotto il profilo fiscale la situazione è più complessa.
La giurisprudenza tributaria, confermata anche dalla Corte di Cassazione (sentenze nn. 28922/2020 e 28923/2020), considera la rinuncia un trasferimento gratuito a favore del soggetto che beneficia dell'atto.
Questo significa che l'atto è soggetto alle imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura proporzionale, calcolate sul valore venale del bene al momento della rinuncia. Se si rinuncia alla piena proprietà, il beneficiario è lo Stato; se si rinuncia a una quota indivisa, i beneficiari sono gli altri comproprietari; se si rinuncia a un usufrutto, il vantaggio va al nudo proprietario, che diventa pieno proprietario.
Rilevanza tributaria e obblighi pregressi
Uno dei profili più rilevanti riguarda gli effetti della rinuncia in ambito fiscale. La Corte osserva che la dismissione del bene non ha effetto retroattivo: non elimina quindi la titolarità pregressa e, di conseguenza, non esonera dal pagamento dei tributi maturati fino alla data della rinuncia.
Il contribuente resta dunque obbligato a saldare eventuali IMU, TARI o altre imposte dovute fino al momento della trascrizione dell'atto.
Urbanistica e Catasto
Un altro aspetto di grande interesse evidenziato dalla pronuncia riguarda il profilo urbanistico e catastale.
Poiché l'acquisizione del bene da parte dello Stato avviene a titolo originario e non traslativo, non trovano applicazione le disposizioni in materia di nullità urbanistiche, conformità catastale e prestazione energetica.
In termini pratici, la rinuncia è valida anche se l'immobile:
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non è conforme dal punto di vista urbanistico o catastale;
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non risponde agli standard di prestazione energetica;
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presenta altre irregolarità edilizie.
Questo aspetto rende la rinuncia uno strumento ancora più flessibile, soprattutto per immobili vetusti o difficili da regolarizzare.
Quando la rinuncia diventa una strategia di risparmio
Il vero risparmio non deriva dalla rinuncia in sé, che comporta comunque un costo fiscale iniziale, ma dall'eliminazione definitiva degli oneri legati alla proprietà.
Si pensi a un immobile inagibile che richiede interventi costosi per essere messo a norma: rinunciare a quel bene significa liberarsi di spese potenzialmente ingenti e della responsabilità per eventuali danni a terzi. Lo stesso vale per terreni agricoli marginali che hanno un valore di mercato quasi nullo, ma che continuano a generare IMU e spese di manutenzione, o per quote indivise di beni non redditizi, difficili da alienare sul mercato.
La convenienza della rinuncia dipende da una valutazione attenta dei costi e dei benefici: se il costo immediato dell'atto (imposte e perdita del valore patrimoniale del bene) è inferiore ai costi futuri che si evitano, la rinuncia rappresenta una scelta razionale e strategica.
Un'operazione che richiede competenza
La rinuncia abdicativa, pur essendo oggi civilisticamente inattaccabile grazie alla sentenza n. 23093/2025, richiede comunque un'attenta pianificazione.
È essenziale affidarsi a un professionista esperto, capace di valutare:
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il corretto inquadramento civilistico e fiscale dell'atto;
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la determinazione del valore venale del bene;
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la gestione della trascrizione nei registri immobiliari;
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eventuali implicazioni nei confronti di creditori o comproprietari.
Conclusioni
La pronuncia delle Sezioni Unite di agosto 2025 segna una vera e propria svolta nella gestione del patrimonio immobiliare. Da oggi, rinunciare a un immobile che genera solo costi è un diritto chiaro e tutelato, che può tradursi in un risparmio significativo, soprattutto per chi possiede beni a basso valore di mercato e ad alta incidenza fiscale.
Non si tratta però di una scelta da prendere alla leggera: l'analisi di convenienza deve essere condotta con rigore, bilanciando costi immediati e vantaggi futuri. Con il supporto di un legale esperto, la rinuncia abdicativa diventa uno strumento efficace di ottimizzazione patrimoniale, che permette di alleggerire il carico fiscale e di gestire con maggiore efficienza il proprio patrimonio immobiliare.
Lo Studio rimane a disposizione per una rapida consulenza circa la specifica fattibilità della rinuncia e sulle concrete modalità operative
27 agosto 2025
Avv. Salvatore Ponzo

Contratto influencer 2025: guida pratica per brand e creator
Mini guida operativa al contratto influencer: definizione obiettivi e piano editoriale; iter di approvazione e revisioni; diritti d'uso (organico, paid, whitelisting, buyout) e divieti IA; disclosure #ADV e brand safety; KPI, report e audit; esclusiva e moralità; privacy/GDPR e nomina art.28; regime fiscale, compensi, rimborsi, penali; forza maggiore, recesso/kill fee.
Capitolo 1 — Mettere a terra l'accordo: obiettivi, perimetro e cornice giuridica
Ogni collaborazione con un creator parte da una domanda semplice: perché stiamo facendo questa campagna e come misureremo se funziona. Da qui discende tutto il resto. Un contratto efficace inizia mettendo nero su bianco il piano editoriale: che cosa verrà prodotto (formati, quantità, durata dei contenuti), dove sarà pubblicato (canali specifici), quando (finestre di pubblicazione) e con quali messaggi (copy, menzioni e hashtag obbligatori). La stessa pagina inquadra la parte metrica: KPI realistici, tracciamenti con link UTM e modalità di rendicontazione.
Sul piano giuridico non servono sovrastrutture: il rapporto è una prestazione d'opera intellettuale (artt. 2222–2238 c.c.). L'influencer opera in autonomia, senza vincolo di subordinazione, ma con un dovere di diligenza professionale (art. 2236 c.c.). Il committente conserva la possibilità di recedere pagando il pro-rata di quanto eseguito (art. 2237 c.c.). Questa cornice, semplice e chiara, evita equivoci su orari, controlli e responsabilità.
Capitolo 2 — Dire "chi può fare cosa" sui contenuti: diritti d'autore, immagine e sfruttamento
Il cuore economico del contratto non è solo il compenso, ma lo sfruttamento dei contenuti. L'opera creata dal creator è tutelata dalla L. 633/1941: salvo diverso accordo, la titolarità resta sua. Il brand ha bisogno di una licenza chiara: durata (es. 24 mesi), territorio (Italia, UE, mondo), media e canali (sito, social, newsletter). Se la campagna richiede paid media o whitelisting (dark ads dall'handle del creator), occorre dirlo esplicitamente, fissando limiti e procedure. Se invece serve una disponibilità "senza scadenza" e a 360°, si negozia un buy-out coerente col valore richiesto.
Ci sono poi i divieti che oggi è prudente esplicitare: niente uso dei contenuti o della voce/immagine del creator per addestrare modelli di IA senza consenso espresso; attenzione alle licenze musicali e alle immagini di terzi (tutto dev'essere tracciabile e liberato). Accanto ai diritti patrimoniali, non si dimenticano i diritti morali di paternità e integrità: il brand può fare adattamenti tecnici (tagli, sottotitoli, formati), ma non snaturare l'opera.
Capitolo 3 — Far funzionare l'operatività: approvazioni, KPI, report, esclusiva e reputazione
Le collaborazioni si inceppano quando approvazioni e revisioni diventano infinite. Il contratto risolve il problema fissando tempi certi: il creator invia le bozze alle date concordate; il brand risponde entro un termine breve. Se il termine scade, scatta un silenzio-assenso limitato a non bloccare il calendario (resta la possibilità di piccole correzioni). Si includono due giri di revisione; gli extra hanno un costo predefinito.
Le performance si misurano solo con evidenze native: insight, screenshot, dati delle piattaforme, link tracciati. Il contratto prevede report puntuali e, se necessario, un audit documentale senza accesso alle credenziali. Per allineare incentivi e tutele, si possono introdurre bonus al superamento dei KPI e penali ragionevoli per ritardi, omissione di disclosure o uso di asset non licenziati.
Chi investe nel volto del creator vuole coerenza: un'esclusiva di categoria per un periodo definito (90–180 giorni) tutela l'investimento senza trasformarsi in un cappio. In parallelo, una clausola di moralità consente al brand di sospendere o risolvere se emergono condotte gravemente lesive (hate speech, violazioni di policy, scandali). Sul fronte della trasparenza pubblicitaria, il contratto rende obbligatori #adv/#ad/#sponsored e gli strumenti nativi di "partnership a pagamento", in linea con Codice del Consumo, prassi IAP e aggiornamenti sulle pratiche scorrette: non è un dettaglio, è ciò che mette al riparo da contestazioni e sanzioni.
Capitolo 4 — Dati e denaro senza sorprese: privacy, regime fiscale, pagamenti e imprevisti
La campagna genera dati: clic, conversioni, lead. Se li raccoglie il brand, è lui a fornire informative e basi giuridiche; se il creator li tratta per conto del brand (es. gestione form o contest), è necessaria la nomina a responsabile ex art. 28 GDPR. Il contratto lo dice, e allega i testi privacy necessari.
Sul denaro conviene essere lineari: fee e voci extra, regime fiscale del creator (forfettario senza IVA/ritenuta; professionista con IVA, ritenuta d'acconto e, se dovuta, rivalsa INPS 4%; società con IVA e senza ritenuta), termini di pagamento (tipicamente 30 giorni data fattura) e interessi di mora del D.Lgs. 231/2002 in caso di ritardo.
Infine, si governa l'imprevisto: una clausola di forza maggiore sospende i termini in caso di eventi esterni (malattia, blocchi di piattaforma, calamità) e consente di ripianificare in buona fede; se la sospensione si prolunga, è prevista un'uscita ordinata con pro-rata. Se il committente deve fermarsi per ragioni proprie, un recesso con kill fee equilibrata indennizza il lavoro già approvato ma non pubblicato. Le clausole potenzialmente "gravose" (penali, foro, esclusiva) vengono sempre richiamate per l'accettazione specifica ex artt. 1341–1342 c.c.: è buona tecnica e fa la differenza quando serve.
(Appendice)
Fac-simile contratto — Versione ridotta
(Solo i primi 5 articoli di un contratto completo a 23 articoli; campi compilabili)
Tra le parti
Committente: [Nome Società], con sede legale in [Indirizzo completo], C.F./P.IVA [●], in persona del legale rappresentante pro tempore [Nome e Cognome], PEC [●], e-mail [●].
Prestatore (Influencer): [Nome e Cognome], nato/a a [Luogo] il [Data], residente in [Indirizzo], C.F. [●], P.IVA [● se applicabile], PEC [●], e-mail [●], profili: [@Instagram] – [TikTok] – [YouTube] – altri [●].
Allegati richiamati: A (Piano editoriale/KPI), B (Brand Guidelines & Compliance), C (Privacy; eventuale C1 nomina art. 28 GDPR), D (Corrispettivi e condizioni fiscali).
Art. 1 – Premesse, definizioni e gerarchia documentale
1.1 Le premesse e gli Allegati A–D costituiscono parte integrante e sostanziale del presente contratto.
1.2 Inquadramento. Il rapporto è qualificato come prestazione d'opera intellettuale ai sensi degli artt. 2222–2238 c.c., nel rispetto della normativa civilistica, pubblicitaria/consumeristica, privacy e fiscale applicabile, nonché delle policy delle piattaforme indicate.
1.3 Definizioni essenziali (ai soli fini di chiarezza contrattuale):
– Contenuti/Deliverable: opere originali (video, post, stories, reel, audio, testi, immagini, thumbnail, eventuali sorgenti/RAW) realizzate ai sensi dell'Allegato A.
– Finestra di pubblicazione: arco temporale e orario entro cui i Contenuti devono andare online.
– KPI: metriche oggettive di performance indicate in Allegato A (es. reach, ER, CTR, conversioni, vendite attribuite).
– Materiali del Committente: asset forniti dal Committente (loghi, packshot, claim, link, codici sconto, linee guida).
1.4 Gerarchia. In caso di contrasto: (i) testo del contratto; (ii) Allegato B (compliance/brand safety); (iii) Allegato A (piano/KPI); (iv) Allegato C; (v) Allegato D. Le comunicazioni a mezzo PEC integrano/precisano gli Allegati ove espressamente richiamate.
Art. 2 – Oggetto dell'incarico e approvazioni
2.1 Il Committente incarica il Prestatore di ideare, produrre e pubblicare i Contenuti a favore dei marchi/prodotti/servizi del Committente, secondo il Piano Editoriale (Allegato A), che specifica almeno: formati, numero e durata, canali/piattaforme, copy & key-message, menzioni/hashtag obbligatori, CTA, link UTM, finestre di pubblicazione, KPI e, ove previsto, requisiti tecnici (in/out, formati, aspect ratio, bitrate, sottotitoli).
2.2 I Contenuti devono rispettare le Brand Guidelines & Compliance di cui all'Allegato B, incluse le regole di trasparenza pubblicitaria e le policy di piattaforma. I Materiali del Committente prevalgono per accuratezza su claim, dati tecnici e price-points.
2.3 Bozze e approvazioni. Il Prestatore invia le bozze entro le date dell'Allegato A. Il Committente fornisce riscontro motivato entro [●] giorni lavorativi. Decorso il termine senza riscontro, la bozza si intende approvata ai soli fini del rispetto del calendario, restando dovute correzioni ragionevoli su errori oggettivi (refusi, loghi errati, link rotti, non conformità a B).
2.4 Revisioni incluse ed extra. Sono incluse [2] tornate di revisione per singolo Contenuto; ulteriori revisioni sono extra secondo l'Allegato D (tariffe e tempi). Le revisioni non possono snaturare l'idea creativa approvata o imporre richieste non previste in Allegato A.
2.5 Change control. Varianti sostanziali (nuovi deliverable, cambi piattaforma/formato, spostamenti delle finestre oltre [●] giorni, modifiche dei KPI) richiedono ordine di variazione scritto con adeguamento di tempi e corrispettivi (Allegato D).
2.6 Asset e liberatorie. Il Prestatore garantisce la disponibilità delle liberatorie eventualmente necessarie per location e persone ritratte nei Contenuti da lui procurate; il Committente fornisce le liberatorie relative ai propri asset/ambienti/eventi.
Art. 3 – Natura del rapporto, autonomia e recesso (artt. 2222 ss., 2236 e 2237 c.c.)
3.1 Il Prestatore opera con piena autonomia organizzativa e operativa, con propri mezzi e senza vincoli di orario, coordinandosi con il Committente per le sole esigenze esecutive e di calendario. Non sussiste alcun rapporto di subordinazione né poteri disciplinari.
3.2 Il Prestatore esegue l'incarico con diligenza professionale e secondo le regole dell'arte (art. 2236 c.c.).
3.3 Il Committente può recedere ai sensi dell'art. 2237 c.c., corrispondendo: (i) il pro-rata delle attività eseguite e approvate; (ii) i costi vivi documentati e pre-autorizzati; (iii) l'eventuale kill fee ove pattuita in Allegato D per Contenuti già approvati ma non pubblicati.
3.4 Nulla nel presente contratto potrà essere interpretato come attribuzione al Committente del potere di dirigere l'attività del Prestatore secondo modalità tipiche del lavoro subordinato.
Art. 4 – Durata, calendario e forza maggiore
4.1 Il contratto decorre dalla data di sottoscrizione e termina il [Data fine].
4.2 Le finestre di pubblicazione, le milestone e le scadenze sono indicate in Allegato A. Proroghe o modifiche richiedono forma scritta (anche via PEC/firma digitale).
4.3 Forza maggiore. Eventi non ragionevolmente controllabili (es. malattia documentata, interdizioni o malfunzionamenti prolungati delle piattaforme, provvedimenti amministrativi, calamità, scioperi generali) sospendono i termini; le parti concordano un ri-pianificato in buona fede. Se la sospensione supera [30] giorni, ciascuna parte può risolvere senza penali, con liquidazione pro-rata delle attività svolte.
4.4 Salvo diverso accordo scritto, eventuali embargo/date di lancio prevalgono sulle finestre ordinarie.
Art. 5 – Corrispettivi, rimborsi, regime fiscale e pagamenti
5.1 Fee. Il Committente corrisponde al Prestatore una fee forfettaria pari a € [Importo] ([in lettere]), come da Allegato D (tabelle compensi, extra, buy-out/licenze aggiuntive, condizioni economiche). Salvo patto espresso, la fee non include costi di produzione straordinari (attrezzature speciali, viaggi, location a pagamento).
5.2 Regime fiscale del Prestatore (spuntare):
☐ Forfettario (L. 190/2014): no IVA e no ritenuta d'acconto; indicare in fattura la relativa dichiarazione.
☐ Professionista ordinario: IVA [22%] + eventuale rivalsa INPS 4% (se applicabile) + ritenuta d'acconto 20%.
☐ Società/impresa: IVA [22%], nessuna ritenuta.
☐ Altro: [●].
5.3 Rimborsi. Ammessi se pre-autorizzati per iscritto, documentati e inerenti (trasferte, location, permessi, licenze musica/immagini ove non fornite dal Committente). Eventuali massimali e categorie rimborsabili sono in Allegato D.
5.4 Fatturazione e termini. La fattura è emessa: ☐ a milestone (es. 40% incarico – 40% approvazioni – 20% pubblicazioni) ☐ a fine campagna ☐ altro [●]. Pagamento entro [30] giorni data ricezione fattura elettronica/SDI, mediante bonifico su IBAN del Prestatore.
5.5 Ritardi. In caso di ritardo si applicano gli interessi di mora ex D.Lgs. 231/2002 e il rimborso dei costi di sollecito ragionevolmente sostenuti.
5.6 Compensazioni e sospensioni. Le contestazioni non gravi e non impeditivi non sospendono i pagamenti relativi a Contenuti già approvati; restano salvi conguagli/extra come da Allegato D.
5.7 Trasparenza fiscale. Il Prestatore si impegna a indicare in fattura il regime adottato, eventuali ritenute/rivalse applicabili e i riferimenti normativi; il Committente applicherà il relativo trattamento (incluso split payment solo ove per legge).
[...]
Avv. Salvatore Ponzo
Per ricevere il contratto completo (23 articoli con Allegati A–D), redatto e verificato secondo AGCOM, IAP, GDPR e Codice del Consumo, nonché personalizzato su diritti d'uso/whitelisting, KPI–penali e profili fiscali, contatti l'Avv. Salvatore Ponzo: avv.ponzo@gmail.com
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